L’evento che ha scosso dalle fondamenta l’identitร  ebraica

Nel 609 a.C. morรฌ il re Giosia, che dominava sulla Giudea (ovvero il regno del Sud), ferito a morte nello scontro che lo oppose al faraone Nekao. Il re, contro il parere del profeta Geremia, cercava di sconfiggere gli Assiri, a cui l’Egitto stava per dare supporto.

Gli successe il figlio Yehoahaz, il cui regno durรฒ pochissimi mesi, prima di essere deportato in Egitto. Il faraone infatti pose sul trono giudaico un altro figlio di Giosia, Elyaqim, a cui fu cambiato il nome in Yehoyaqim per sottolineare il vassallaggio all’Egitto.

Solo 4 anni piรน tardi, perรฒ, i Babilonesi invasero questo regno vassallo degli egiziani e deportarono il re. Yehoyaqim morรฌ poco piรน tardi, prima dell’invasione babilonese che completรฒ l’occupazione della Giudea nel 598 a.C.

Con la deportazione a Babilonia, il popolo ebraico subรฌ un forte contraccolpo in quanto venivano a mancare le promesse ataviche consegnate a Abramo da Dio: la terra e la discendenza. Di fatto gli israeliti si trovavano ora in terra straniera e senza speranza di continuare la progenie come popolo.

Fu l’occasione per ripensare al passato e rivivere, in modo attualizzato e attualizzante, la loro storia. Questo periodo fu estremamente importante e sofferto. Dagli scritti pare che l’esilio sia durato secoli, invece dei circa 70 anni effettivi che trascorsero dalla deportazione al ritorno in patria concesso dai re persiani Ciro e Dario. Passarono comunque alcune generazioni e l’identitร  degli israeliti si stava rapidamente diluendo, mischiandosi con la cultura del paese dominante.

Molti ebrei sposarono donne babilonesi, si formarono nuove famiglie, e, complice lo stato di benessere, o comunque non oppressivo dei deportati, molti si integrarono nel sistema, a tal punto che, una volta liberi di tornare in patria, non tutti accettarono.

Chi ritornรฒ trovรฒ una situazione diversa da quella che aveva lasciato. Il Tempio era stato raso al suolo, le loro antiche case ormai occupate da coloro che erano rimasti. Sorse ben presto anche il problema dei matrimoni misti, che doveva trovare una qualche giustificazione di fronte al rigido conservatorismo pre-esilico.

Le tradizioni religiose non erano in forma scritta, e quello fu il momento in cui si pensรฒ di trascriverle per tramandarle, insieme all’esperienza maturata con le vicende che portarono all’esilio.

In questa ottica va letta la Torah, che fu redatta appunto sostanzialmente fra il VI e il V secolo a.C. con i riferimenti alle disgrazie che il popolo ebraico “attirรฒ” su di sรฉ per la scarsa fedeltร  a Dio, e ignorando le parole dei profeti.

Lo stesso esilio egiziano, concluso con la “fuga” e l’intervento miracoloso della separazione delle acque, seguito poi dai 40 anni trascorsi nel deserto e l’ingresso nella Terra Promessa, servono a giustificare, spiegare e imparare dall’esperienza della cattivitร  babilonese.

Non bisogna perรฒ eccedere nel pensare che tutto fosse stato inventato: le tradizioni trovano anche riscontri storici. Possiamo dire che i libri trovarono una forte tensione nel confrontare le epoche diverse sotto lo stesso filo conduttore.

Le vicende di Saul, David, Salomone, che seguirono quelle di grandi patriarchi quali Noรจ, Abramo, Mosรจ, seguono una linea storico-teologica nella quale รจ Dio l’attore principale. D’altra parte non troviamo nella storia dell’umanitร  alcun altro popolo se non quello ebraico, ad essere identificato con la propria religione.

Il Libro dei Giudici, poi, รจ quello che probabilmente spiega in modo piรน esplicito che il destino degli israeliti รจ legato a tripla mandata al rapporto che essi tengono con Dio. Piรน ci si allontana da Lui e piรน il popolo รจ colpito da sciagure. Come i re di Israele subivano avversitร  che si ripercuotevano sul popolo, a causa della loro scarsa obbedienza a Dio, cosรฌ i Giudici (che non erano magistrati, ma leader popolari) erano piรน o meno efficaci alla causa del popolo in proporzione diretta alla loro fedeltร  alla divinitร .

Storicamente sappiamo anche che il popolo ebraico non nacque monoteista, bensรฌ almeno enoteista: adorava un unico dio, ma ammetteva l’esistenza di altri dei. Il passaggio al monoteismo stretto si conclamรฒ in modo netto e definitivo proprio dopo l’esilio in Babilonia. Si trattรฒ dunque di un passaggio delicato e epocale, che la stesura della Bibbia ha sicuramente sancito.

Si avviรฒ dunque un periodo importantissimo nell’economia della storia di Israele, che viene chiamato “del Secondo Tempio”. Il Tempio fu infatti ricostruito e terminato circa nel 515 a.C. Sa allora si รจ sviluppata in modo sistematico la religione ebraica, che molti studiosi amano chiamare col termine di “rabbinica”.

In seguito alla riforma attribuita a Giosia, il culto era stato accentrato esclusivamente a Gerusalemme, nel Tempio. Non dovevano esistere altri templi, e ciรฒ acuรฌ i contrasti teologici giร  esistenti con i Samaritani, i quali avevano conservato attivo un loro luogo di culto.

Sorsero invece molte Sinagoghe, ognuna delle quali con la propria Genizah, ovvero la biblioteca che serviva da “deposito” per i libri sacri consumati, i quali non dovevano essere distrutti. Fu proprio in una di queste Sinagoghe, a Nazareth, che Gesรน leggendo un brano del Libro di Isaia, annunciรฒ la propria messianicitร .

Il Secondo Tempio, dopo essere stato abbellito e reso maestoso in sfarzo e dimensioni da Erode il Grande nel primo decennio a.C., fu distrutto definitivamente dalle truppe di Tito nel 70 d.C. e non fu piรน riedificato. Resta in piedi solo il muro ovest della recinzione esterna, chiamato oggi “Muro del Pianto”, in cui i fedeli ebrei lamentano la sua distruzione e l’impossibilitร  di svolgere in modo completo riti e liturgie. Secondo la fede ebraica, il Tempio sarร  ricostruito dal Messia che loro continuano a attendere.

L’effetto traumatico della deportazione a Babilonia si evince anche dai continui richiami biblici: questo nome รจ indicato spesso come il male personificato, e si รจ esteso anche nelle definizioni di Roma, quando essa fu dominatrice nel vicino oriente.


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